Le bombature

Davide Sora

La bombatura è il mezzo più potente che il liutaio ha a disposizione per cercare di indirizzare la risposta acustica dello strumento verso la propria idea di suono. E’ anche il più difficile da controllare tecnicamente in quanto richiede una capacità di visualizzazione delle forme molto sviluppata e interiorizzata attraverso l’osservazione del più grande numero possibile di strumenti con qualità acustiche riconosciute. Il primo aspetto di cui bisogna essere consapevoli, però, è che le bombature originali sono sempre deformate dalla tensione delle corde e dalla spinta dell’anima.  Appare perciò evidente che al momento della costruzione le forme dovevano essere diverse da quelle che si possono vedere allo stato attuale. Inoltre la lavorazione della bombatura avviene con il blocco di legno non scavato internamente, quindi molto stabile. Già la fase dello scavo interno porterà a una più o meno leggera ma inevitabile deformazione, seguita da altre possibili deformazioni durante l’incollaggio della catena e delle tavole alle fasce. Sicuramente il fondo è quello che risente meno di tutte queste deformazioni, anche se non ne è indenne, mentre la tavola ne è letteralmente “trasformata” a causa della sua maggiore flessibilità dovuta al tipo di materiale e alla presenza delle effe.  Altra causa di modifiche è la flessione indotta dall’incollaggio su due piani sfalsati delle fasce, tipico della scuola cremonese, dalla maggiore sollecitazione a cui è sottoposta dalla diretta pressione del ponticello e dalla distribuzione asimmetrica della pressione prodotta dal lavoro dell’anima.

Cercare di ricostruire esattamente la forma che dovevano avere le bombature dei “classici” nel momento in cui sono state realizzate non è cosa facile a causa della complessità della struttura degli strumenti ad arco, ma personalmente non credo che copiare esattamente la forma delle arcature degli strumenti antichi più famosi sia l’unica strada da seguire. Anche se si riuscissero a riprodurre esattamente le curve di una bombatura “storica” queste sarebbero irrimediabilmente deformate dalle tensioni e queste deformazioni, pur avendo origini uguali, possono variare in base a differenze nel materiale (venatura e stagionatura del legno, ad esempio) o delle condizioni ambientali che porterebbero a risultati diversi rispetto all’originale.                                                                                                                                                 Osservando il lavoro dei liutai antichi senza preconcetti ci si può accorgere che l’applicazione di uno standard non è mai esistita e che anche i liutai operanti nella stessa città pur facendo parte in un certo senso di una “scuola” tipica (come era ad esempio a Cremona nel periodo in cui lavorarono gli Amati, i Guarneri e Stradivari) erano capaci di variare anche di parecchio il proprio lavoro.

L’esperienza mi ha portato a sviluppare le bombature dei miei strumenti partendo dall’osservazione degli strumenti classici (e, possibilmente, dall’ascolto del suono di questi strumenti)  per arrivare, attraverso il ragionamento e l’osservazione del comportamento dei miei strumenti nel corso del tempo, ad avere tutte le informazioni possibili per capire come realizzare la bombatura che meglio si adatti alle caratteristiche del legno a che mi può “dare” il suono che ho in mente.   L’obiettivo che mi prefiggo è quello di permettere alle bombature di raggiungere un equilibrio che regga la tensione conservando la loro forma ideale, evitarne il cedimento e assicurare una maggiore longevità e stabilità della resa acustica dello strumento.   Nel corso degli anni ho lentamente  sviluppato un metodo di lavorazione basato più sulla percezione visiva delle curve e la sensibilità sensoriale che non su misure e modelli precostituiti. In questo modo posso adattare le curve che sto realizzando a qualsiasi variazione di misure delle altezze della bombatura, diverse larghezze di tavola e fondo ed eventuali asimmetrie del contorno.

Avere a disposizione i profili delle quinte o delle seste di qualche strumento famoso può essere un buon punto di partenza per realizzare una buona bombatura ma invece che accontentarsi di copiarle è fondamentale capire l’andamento delle curve per sviluppare la capacità di formarsi un’immagine mentale tridimensionale dell’insieme che permetta di adattarsi all’evoluzione delle forme nel corso della lavorazione.                                                    Per fare questo occorre crearsi dei punti di riferimento su cui basare l’osservazione, individuando le aree di partenza e di arrivo delle superfici curve e le zone di passaggio da superfici concave a superfici convesse, sviluppando una visione più oggettiva della forma complessiva.

 

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­La sesta

Durante la costruzione, dopo aver effettuato una sgrossatura generale a sgorbia, come prima cosa vado a definire il profilo longitudinale della sesta utilizzando la pialla. La curva continua così ottenuta sarà praticamente quella finale e non verrà più toccata nelle lavorazioni successive se non nella fase di finitura della superficie a rasiera.

Sgrossatura a sgorbia
Tavola sgrossata a sgorbia
Fondo sgrossato a sgorbia
 Pialle utilizzate per la sesta
Piallatura della sesta
Sesta della tavola finita a pialla
Sesta del fondo finita a pialla

La sesta della tavola, nelle bombature classiche, ha spesso una zona rettilinea centrale (a volte anche infossata) piuttosto estesa, che termina con curve piuttosto gonfie e accentuate nelle parti superiore ed inferiore, con poca estensione della curva concava della sguscia. Questo aspetto è in gran parte dovuto alle deformazioni causate dalla compressione della tavola per la tensione delle corde e dalla pressione del ponticello: la combinazione di queste due forze porta ad un accorciamento della sesta con un innalzamento delle parti superiore ed inferiore e ad un  raddrizzamento o infossamento della linea centrale. Nella mia sesta io cerco di tenere conto di queste deformazioni, eliminando qualsiasi area piatta nella zona centrale ed appiattendo le curve delle parti superiore ed inferiore, con lo scopo di ottenere una migliore opposizione alle forze di compressione del manico e di pressione del ponticello.

La sesta del fondo si deforma in modo contrario rispetto alla tavola principalmente a causa della spinta dell’anima, anche se di solito in modo meno significativo grazie al maggior spessore e  resistenza dell’acero. Tenendo conto di questo io cerco di realizzare una curva più regolare che si avvicini ad un arco di cerchio, mentre quella della tavola sarà più simile ad una parabola.

In entrambi i casi (tavola e fondo) imposto le curve in modo simmetrico dividendo in sei parti uguali la parte convessa della curva (esclusa la sguscia) ponendo l’altezza massima al centro.

Sesta del fondo
Sesta della tavola

 

La sguscia

Proseguo poi  con la sgrossatura a pialletto, rispettando sempre la striscia centrale della sesta e andando a definire lo spessore dei bordi.  Dopo aver definito anche il contorno           passo allo scavo del canale della sguscia lungo tutto il perimetro.  Questo canale, realizzato con sgorbie di raggio appropriato, inizialmente ha una larghezza dal bordo e un raggio di curvatura di circa 11/12 mm per le parti superiore ed inferiore e di 6/7 mm per le C, sia per la tavola che per il fondo. Lo spessore minimo all’interno del canale è di circa 3 mm nelle parti superiore ed inferiore fino davanti ai tasselli delle punte per poi aumentare nelle C        fino a 3,2/3,3 mm nella tavola e fino a 3,4/3,5 mm nel fondo.                                                                 E’ importante garantire che il minimo spessore della sguscia rimanga all’interno dei tasselli delle punte per rendere sufficientemente elastiche queste zone, la figura a “8” della sguscia delle bombature classiche cremonesi raggiunge perfettamente questo scopo garantendo la necessaria flessibilità di queste aree.

Fondo sgrossato a pialletto dentato
Tavola sgrossata a pialletto
Pialletti con lama normale per la tavola

Pialletto con lama dentata per il fondo

Spessori dei bordi prima di fare la sguscia
 Sgorbie per la sguscia e graffietto per tracciare le larghezze del canale
Canale della sguscia
Canale della sguscia del fondo
Canale della sguscia della tavola

A questo punto procedo con la filettatura delle tavole, poi raccordo il canale della sguscia con il resto della bombatura. Questo determinerà l’effettiva estensione dell’area concava della sguscia e il punto di transizione con l’area convessa della parte centrale, che riveste un ruolo cruciale nella forma ed elasticità della bombatura.                                                             Nelle C l’estensione della sguscia dovrà essere minima per garantire una maggiore resistenza dell’arco centrale, mentre nelle parti superiori ed inferiori potrà assumere un’estensione maggiore soprattutto nell’area dei tasselli delle punte per garantire la necessaria elasticità.  Il punto di cambio di curva si evidenzia dal tracciato della prima curva di livello, dove l’altezza torna ad essere pari a quella del bordo (4,5 mm).

Raccordo del canale della sguscia sul fondo
Raccordo del canale della sguscia sulla tavola
Tracciatura della prima curva di livello (4,5 mm di altezza)

 

Le quinte

Io non utilizzo dei modellini veri e propri delle sezioni trasversali (quinte), ma solo alcuni semplici modelli ad arco di cerchio con raggi diversi per impostare la curva centrale dell’arcatura.  Raccordando questo arco di cerchio a quello opposto della sguscia con una ideale linea retta più o meno estesa e variando i raggi degli archi si possono ottenere sezioni trasversali variabili, che si adatteranno alle eventuali differenze di altezza e raggio della bombatura e di estensione della sguscia. Analizzando le curve trasversali delle arcature degli strumenti cremonesi antichi mi sono reso conto che il raggio dell’arco trasversale centrale (quello con il raggio minimo di curvatura) è spesso molto curvo e in molti casi è inferiore a 8,5 cm sia nella tavola che nel fondo, garantendo in questo modo una resistenza longitudinale piuttosto evidente. L’estensione di questo arco è limitata alla zona centrale per una larghezza di 6 o 7 cm  per consentire un raccordo fluido con il canale della sguscia. Io prediligo un raggio di 8,2 cm per il fondo e di 8,5 mm nella tavola con bombature alte 16/16,5 mm circa ; nel caso di bombature più basse questi raggi possono arrivare anche a più di 10 cm, ma la resistenza longitudinale sarà inevitabilmente diminuita rendendo necessarie differenti scelte costruttive per compensare questa perdita di resistenza. Utilizzando un profilometro sarà sempre possibile ricavare le quinte della bombatura in evoluzione per confrontarle con un eventuale disegno di riferimento.

Modellini ad arco di cerchio con vari raggi di curvatura
Raggio di curvatura minimo della tavola (8,5 cm)
Raggio di curvatura della tavola alla posizione del ponticello (10 cm)
Raggio di curvatura minimo del fondo (8,2 cm)
Estensione della curva a raggio fisso sul modellino
Profilometro

Un altro utile aiuto per valutare la simmetria, il volume e l’andamento longitudinale dell’arcatura consiste nel tracciare le curve di livello ma l’osservazione visiva (a occhio) delle forme e dell’armonia delle curve utilizzando la luce radente è il più efficace e insostituibile sistema di valutazione.  Per il perfezionamento finale delle forme della bombatura uso solo la rasiera, in modo da poter modificare molto gradualmente le curve ottenendo nel contempo una finitura ottimale e definitiva delle superfici.

Attrezzi per tracciare le curve di livello
Rasiere per la lavorazione e la finitura delle bombature
Lavorazione a rasiera
Curve di livello della tavola
Bombatura della tavola finita, osservazione con luce radente
Curve di livello del fondo
Bombatura del fondo finita
                                                                                                  

 Conclusione

Per concludere si potrebbe dire che sarebbe bello poter fare affidamento su un modello “standard” di bombatura da copiare per aver garantito un risultato ottimale di suono e resistenza della struttura nel tempo. A mio parere, invece, è necessario adottare una visione che tenga conto delle deformazioni intervenute sugli strumenti antichi per creare una propria strategia d’intervento, che sia adattabile alle variabili indotte dalle caratteristiche del materiale e dalle differenze di forme e modelli.  Uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro è proprio la “necessità” di studiare e ricercare, partendo comunque da un modello valido, per arrivare a produrre uno strumento che rispecchi anche il gusto e la personalità di chi lo ha costruito. Inoltre penso che sia molto importante, per la crescita e l’evoluzione del liutaio, continuare a ricercare e confrontarsi con il lavoro di altri liutai: da ognuno si può “rubare” qualcosa che permette di migliorare o semplicemente cambiare qualche dettaglio.

Tra gli strumenti che ho costruito fino ad ora, un esempio che esprime bene il mio tipo di lavoro e il tipo di suono che preferisco è il violino che ha partecipato alla Triennale Internazionale di Cremona del 2015 e che ha ricevuto il premio offerto dalla “Polish Union of Artist Violinmakers”  per il violino con le migliori qualità acustiche.

Questo riconoscimento non è certo un punto di arrivo ma uno stimolo a proseguire nelle ricerche e nello studio.                                                                                                                           

Chi fosse interessato a farsi un’idea del suono di questo violino lo può ascoltare in questo video, registrato durante una prova informale presso l’auditorium del Museo del Violino con la brava violinista Lena Yokoyama, che ringrazio per la cortese disponibilità :                           

 

Violino G XXI 2015 Triennale – Bombatura della tavola
Disegno delle quinte della tavola ricavate con il profilometro
Violino G XXI 2015 Triennale – Bombatura del fondo
Disegno delle quinte del fondo ricavate con il profilometro
Violino G XXI 2015 Triennale
Violino G XXI 2015 Triennale
Disegno complessivo delle quinte e delle seste ricavate con il profilometro

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